Monitoraggio UE

Tre motivi per cui i governi dovrebbero respingere la "Dichiarazione interpretativa" polacca e ungherese sulla condizionalità relativa allo Stato di diritto

La dichiarazione interpretativa potrebbe sembrare una concessione insignificante, in quanto non è giuridicamente vincolante. Ma è probabile che, nella pratica, renda inefficace questo meccanismo di condizionalità. E non serve a sbloccare il bilancio.

by Israel Butler

Secondo la stampa, i governi di Ungheria e Polonia sono pronti a togliere il veto sul Quadro finanziario pluriennale (QFP) e sul piano per la ripresa economica post pandemia. Ma solo se tutti i governi dell'UE accetteranno una "dichiarazione interpretativa" che stabilisca come il meccanismo di condizionalità funzionerà nella pratica. Può sembrare una concessione minore, ma rischia di rendere il meccanismo inoperativo.

In primo luogo, la dichiarazione interpretativa limiterà in maniera considerevole i tempi di attivazione del meccanismo

Fidesz e PiS vogliono assicurarsi che il meccanismo possa essere attivato solo per combattere la corruzione o le frodi che colpiscono il denaro dell'UE. Dicono che è per evitare che il meccanismo venga attivato in relazione alle violazioni dei diritti umani contro le persone LGBTQI o i migranti.

A livello accademico ciò non ha senso, perché una dichiarazione interpretativa non è giuridicamente vincolante. Il testo della proposta di condizionalità indica che il meccanismo può essere attivato in circostanze più ampie, in quanto include nello "Stato di diritto" la possibilità di ricorrere ai tribunali per violazioni dei diritti fondamentali, compresa la non discriminazione. In altre parole, se un governo iniziasse a eliminare sistematicamente le garanzie dei diritti umani, la Commissione avrebbe motivo di attivare il meccanismo. Pertanto, se il meccanismo dovesse essere attivato e un governo dovesse portare la Commissione in tribunale per questo, la CGUE terrebbe conto di questa dichiarazione, ma darebbe la priorità al testo della legge.

La questione è più politica che legale: avendo firmato una dichiarazione che dice "siamo d'accordo a non attivare il meccanismo in casi diversi dalla frode/corruzione", la maggior parte dei governi si sentirebbe a suo agio ad attivarlo al di fuori di queste situazioni in futuro? Se alcuni governi sono riluttanti ad attivarlo di per sé, allora potranno nascondersi dietro questa dichiarazione. E possiamo aspettarci che molti governi sarebbero restii ad attivarlo, perché temono che possa essere usato contro di loro in futuro. Questo rende chiara l’idea di quanto sia stato difficile convincere la maggior parte dei Paesi a sostenere l'articolo 7.

In secondo luogo, la dichiarazione permetterà a Orbán di continuare ad abusare dei fondi europei per favorire la sua rielezione nel 2022

Ciò avverà se la dichiarazione prevederà che la Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) dovrà pronunciarsi sulla legalità del meccanismo prima di poterlo utilizzare per la prima volta. È possibile che la Corte di giustizia europea possa decidere in anticipo sulla legittimità del meccanismo - anche se il Consiglio decidesse di rinviare la questione alla Corte, alla Commissione o al Parlamento europeo, potrebbe farlo senza ritardi. E la CGUE sarebbe libera di dare priorità ad una risposta. Pertanto, ci potrebbe essere una risposta prima del 2022. Si deve però tener conto del tempo che passa prima che il meccanismo venga effettivamente attivato (c'è un processo che prevede discussioni e una votazione). In altre parole: Orbán probabilmente guadagnerà abbastanza tempo.

In terzo luogo, la dichiarazione farà guadagnare tempo per attacchi irreversibili alla democrazia

La dichiarazione lo farebbe rafforzando un già esistente "freno di emergenza", per ritardare il meccanismo dopo che la Commissione lo avrà attivato. Gli attacchi alla democrazia e allo stato di diritto in Ungheria e in Polonia sono difficili da invertire, a meno che non ci sia un cambio di governo (e con una maggioranza assoluta nel caso dell'Ungheria). Entrambi i governi sono riusciti a prolungare le procedure legali e politiche a Bruxelles, pur continuando a distruggere o a bloccare le istituzioni democratiche nei rispettivi paesi. Hanno approfittato di ogni ritardo per continuare a costruire un sistema in cui sarà difficile per loro perdere potere.

Non ha senso

Gli altri 25 governi non hanno bisogno di accettare questa dichiarazione per andare avanti. Come ha sottolineato il professor Daniel Keleman, possono votare a maggioranza sulla proposta di condizionalità. La Fidesz e il PiS, infatti, non possono permettersi di continuare a bloccare il piano per la ripresa e il QFP, quindi smetteranno di minacciare il loro veto non appena sarà votata la proposta di condizionalità.

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