Technologie e Diritti

Italia, un caso non chiuso: accumulo di sentenze CEDU in attesa di esecuzione

L'ultimo rapporto del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa evidenzia che l'Italia ha il più alto numero di casi in attesa di esecuzione. La maggioranza di questi potrebbe essere risolto solo con una riforma.

by Federica Brioschi
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa di recente ha pubblicato il suo 10° rapporto annuale sul monitoraggio dell'esecuzione delle sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani (Corte EDU).

La Convenzione Europea sui Diritti Umani attribuisce al Comitato dei Ministri il compito di garantire che le sentenze della Corte EDU vengano applicate.

Questo rapporto non prende in considerazione i casi che sono considerati chiusi dalla Corte EDU, piuttosto quelli che sono considerati eseguiti dal Comitato.

Monitoraggio da parte del Comitato di Ministri

Nel 2016, 2,066 casi sono stati chiusi dal Comitato dei Ministri e, per la prima volta dal 2010, meno di 10,000 casi risultano pendenti.

Tutti i casi sono classificati in diverse categorie che richiedono diversi metodi di supervisione a seconda dell'urgenza e dell'importanza. I casi che rivelano un problema strutturale in genere rientrano tra i “casi principali”, mentre quelli che riguardano questioni simili vengono classificati come “casi ricorrenti”.

Supervisione elevata

I casi che necessitano di un livello maggiore di supervisione includono tutti quelli che richiedono misure individuali urgenti o in cui la causa della violazione è stata considerata sia dalla Corte EDU che dal Comitato come un problema strutturale o complesso. Tutte le sentenze pilota e i casi interstatali sono automaticamente collocati nella categoria supervisione elevata.

Supervisione standard

Gli altri casi sono definiti come supervisione standard, anche se un caso può essere spostato da supervisione elevata a supervisione standard qualora il Comitato lo ritenga necessario. Può verificarsi anche la procedura inversa.

Criticità

L'esecuzione delle sentenze della Corte EDU può essere ritardata per vari motivi. Il rapporto del Comitato espone le principali criticità nell'implementazione delle sentenze, come le difficoltà correlate all'approvazione di varie riforme per affrontare problemi strutturali.

Tali difficoltà possono emergere quando istituzioni statali o partiti politici hanno opinioni diverse sulle riforme necessarie. Un altro problema riscontrato dal Comitato è il rifiuto dello stato di risarcire o di eseguire misure individuali.

L'esecuzione delle sentenze in Italia

I risultati del Comitato sull'esecuzione delle sentenze della Corte EDU sull'Italia non sono molto rassicuranti. Dei 9,941 casi che risultavano pendenti di fronte al Comitato nel 2016, 2,350 dovevano essere eseguiti dall'Italia.

Si tratta del numero più alto tra gli stati membri. Infatti, gli unici altri tre paesi con oltre 1,000 sentenze da eseguire sono la Federazione Russa (1,573), la Turchia (1,430) e l'Ucraina (1,147).

Oltre la metà dei casi italiani pendenti di fronte al Comitato (1,725) riguardano l'eccessiva durata dei procedimenti civili; questi sono seguiti dall'eccessiva durata dei procedimenti penali (163 casi) e da 131 casi riguardanti “gli importi insufficienti e i ritardi nel pagamento dei risarcimenti riconosciuti attraverso la procedura del rimedio compensatorio disponibile dal 2001 per le vittime di durata eccessiva dei procedimenti” (la cosiddetta legge Pinto).

Inoltre, il noto caso Cestaro è ancora considerato a supervisione elevata, cosa che dimostra il problema strutturale dei “maltrattamenti da parte della polizia; l'inadeguatezza della legislazione che punisce gli atti di tortura e i trattamenti inumani e degradanti”.

Il Comitato sta ancora aspettando l'approvazione di una legge contro la tortura per considerare il caso chiuso.

Un altro dato interessante è la cifra pagata dall'Italia nel 2016 come giusti risarcimenti; infatti, l'Italia si colloca al terzo posto dopo la Turchia (oltre 20 milioni) e l'Albania (oltre 18 milioni), con oltre 15 milioni di euro risarciti ai ricorrenti che hanno presentato cause contro lo stato. Nel 2015, tale cifra era di appena 4 milioni.

Un caso non chiuso: il sovraffollamento

Tra i casi che vengono considerati chiusi dal Comitato dei Ministri c'è il noto caso Torreggiani, che riguarda le “pessime condizioni di detenzione a causa del sovraffollamento delle strutture detentive”.

Il Comitato sottolinea che “per affrontare il problema delle strutture detentive sovraffollate, sono state approvate disposizioni di legge che tengono conto delle Raccomandazioni del Comitato dei Ministri, per ridurre i flussi di ingresso e migliorare l'accesso alle sanzioni alternative” e sono stati predisposti nuovi strumenti per monitorare costantemente i tassi di sovraffollamento.

Infatti, il tasso di sovraffollamento delle carceri è diminuito rispetto al 2013, quando è stata pronunciata la sentenza; tuttavia, la popolazione detenuta è in crescita dal 2015. In particolare a marzo 2017 nelle strutture detentive italiane erano presenti oltre 56,000 detenuti. Secondo il Ministero della Giustizia, i posti disponibili negli istituti di pena italiani sono 50,211; tuttavia, il Garante Nazionale per i Diritti delle Persone Private della Libertà Personale stima che la disponibilità reale sia di 45,509 posti.

Anche se per il Comitato dei Ministri questo caso è considerato chiuso, non lo è per noi; infatti, ogni giorno ci rendiamo conto che la questione non è risolta. E' importante che il Comitato continui a monitorare la situazione nelle carceri italiane e a spronare le autorità italiane a continuare a lavorare per migliorare le condizioni.



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