Monitoraggio UE

La discriminazione su base etnica continua in Italia e in tutta Europa

Secondo il rapporto dell'Agenzia dell'Unione Europea per i diritti fondamentali sulla discriminazione nell'UE in tutto il blocco continuano a verificarsi soprusi e profiling etnico.

by Federica Brioschi

Perché questo rapporto

L'Agenzia europea per i diritti fondamentali (FRA) ha recentemente pubblicato la "Seconda indagine sulle minoranze e sulle discriminazioni nell'Unione Europea", che raccoglie i principali risultati della ricerca basata su indagini completate da 25.500 intervistati con differenti origini etniche in tutti i 28 Stati membri dell'UE. Lo scopo di questa ricerca è studiare le diverse forme di discriminazione nei confronti delle minoranze etniche o razziali.

La prima ricerca è stata condotta nel 2008, dopo l'approvazione nel 2000 da parte dell'UE, di una legge sulla "parità di trattamento indipendentemente dalla razza o dall'origine etnica”, nonché dalla “legge che definisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro indipendentemente da religione o credenze, disabilità, età o orientamento sessuale".

Questa ricerca del 2008 ha per la prima volta messo a disposizione dati statistici comparabili sulla discriminazione in tutta l'UE. Questo ultimo rapporto include i dati raccolti tra il 2015 e il 2017.

L'indagine prende in considerazione diversi scenari in cui potrebbe verificarsi la discriminazione: sul lavoro e sugli ostacoli all'accesso; nell’"Istruzione, alloggio, salute e nell’utilizzo di servizi pubblici o privati; in esperienze di arresti da parte della polizia, vittimizzazione criminale (compresi i crimini di odio); nella consapevolezza dei diritti e dei meccanismi di ricorso; e nella partecipazione e integrazione della società, inclusa la fiducia nelle istituzioni pubbliche e il livello di appartenenza al paese di residenza”.

I risultati complessivi mostrano che la discriminazione nell'UE è ancora ampiamente diffusa e gli Stati membri dovrebbero adottare delle misure per eliminarla.

Discriminazione in Italia

Per quanto riguarda l'Italia, i gruppi minoritari bersagliati che sono stati presi in considerazione sono quelli provenienti dall'Africa subsahariana, dall'Asia e dal Nord Africa.

I dati dell'Italia mostrano che il 37% degli intervistati dell'Africa sub-sahariana e il 20% dei nordafricani si sono sentiti discriminati a causa del colore della pelle nel corso degli ultimi cinque anni, e il 32% dei provenienti dall’Asia del Sud si sono sentiti discriminati a causa della propria appartenenza etnica. In generale, gli uomini si sentivano più discriminati rispetto alle donne a causa del colore della pelle, mentre più donne che uomini si sono sentiti discriminati a causa della loro appartenenza etnica. Circa il 10% degli africani sub-sahariani si è sentito discriminato a causa della religione.

Le discriminazioni coinvolgono anche le seconde generazioni di origine straniera, infatti il 29% delle donne e il 19% degli uomini di origine sub-sahariana, il 37% delle donne e il 31% degli uomini con origini nordafricane e il 21% del gruppo di provenienza sud-asiatica ha subito qualche forma di discriminazione. Nel rapporto ci si riferisce a questi risultati come "tassi relativamente elevati di discriminazione". Per quanto riguarda le discriminazioni nell'accesso al lavoro, il rapporto sottolinea che il 23% delle persone intervistate di origini nordafricane ha segnalato una qualche forma di discriminazione nel corso della propria ricerca di impiego.

Reclami alle autorità

Un altro problema sollevato dal rapporto è il basso numero di denunce presentate alle autorità in merito a episodi di discriminazione (solo il 9% degli africani sub-sahariani e il 18% dei nordafricani ha denunciato la discriminazione alle autorità); inoltre, e ancor più preoccupante, un numero molto basso di intervistati di ogni provenienza era a conoscenza dell'esistenza in Italia di una qualunque organizzazione di sostegno alle vittime di discriminazione o di un organismo per la parità.

Persecuzioni

Le persecuzioni sono una forma di discriminazione definita dalla Direttiva sull'uguaglianza razziale del 2000 come una "condotta indesiderata connessa all'origine razziale o etnica [che] ha luogo con lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo".

I dati della ricerca della FRA suggeriscono che in Italia il 30% degli intervistati di origine sub-sahariana, il 33% dei nordafricani e il 29% degli asiatici del Sud hanno subito almeno un episodio di persecuzione negli ultimi 12 mesi.

Fermi della polizia

Per quanto riguarda gli arresti effettuati dalla polizia, tra gli intervistati dell'Africa sub-sahariana, il 28% è stato fermato dalla polizia italiana almeno una volta nei cinque anni precedenti l'indagine; Il 60% di coloro che sono stati fermati ha percepito lo stop come profiling etnico. Tra gli immigrati provenienti dal Nord Africa, il 32% è stato fermato almeno una volta nei cinque anni precedenti il sondaggio e il 71% degli arrestati ha percepito lo stop come profiling etnico. Per quanto riguarda gli immigrati dall'Asia, il 22% è stato fermato almeno una volta nei cinque anni precedenti il sondaggio e il 46% degli arrestati ha percepito l'arresto come una profiling etnico. Per quanto riguarda i controlli dell'identità in Italia, il 96% degli africani sub-sahariani fermati e il 92% dei nordafricani fermati sono stati invitati ad esibire carte d'identità, passaporti o permessi di soggiorno.

Istruzione e lavoro

Per quanto riguarda l'Italia, la relazione evidenzia bassi livelli di istruzione secondaria superiore tra gli intervistati. In particolare, il 42% degli africani sub-sahariani, il 30% dei nordafricani e il 29% degli asiatici del sud che sono stati intervistati ha dichiarato di non aver ricevuto alcun insegnamento secondario superiore. Inoltre, sembra che tra coloro che hanno completato l'istruzione secondaria più bassa, il 67% dei nordafricani e il 66% degli asiatici del sud non completano l’istruzione superiore.

Nel campo dell'occupazione, è stato osservato che il 70% degli immigrati di origine nordafricana e il 67% di immigrati con origini dell'Asia meridionale sono stati coinvolti in un'attività lavorativa retribuita nelle quattro settimane precedenti l'indagine. Il rapporto stima che utilizzando questo metodo, il tasso di occupazione segnalato per la popolazione generale sia inferiore a quello di questi gruppi.

Per gli intervistati dell'Africa sub-sahariana, per trovare un lavoro sembra fondamentale avere competenze linguistiche, infatti il 72% di coloro che hanno una sufficiente competenza linguistica è impegnato in un lavoro retribuito, mentre solo il 22% di coloro che hanno competenze linguistiche insufficienti è impegnato in un’attività lavorativa.

Conclusioni

Il rapporto offre un punto di partenza molto interessante per ulteriori ricerche e fornisce dati comparabili in tutta l'UE che potrebbero essere utilizzati per intervenire al fine di affrontare le diverse forme di discriminazione sperimentate dalla popolazione immigrata.

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