Technologie e Diritti

La Corte EDU riafferma il diritto all'istruzione dei detenuti

Una vittoria per la tutela dei diritti dei detenuti: la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che i diritti di un detenuto bulgaro sono stati violati, quando lo Stato gli ha negato l'accesso all'istruzione.

by Polish Helsinki Foundation for Human Rights

La polemica sulla questione dei diritti dei detenuti esiste da lungo tempo. Molte persone - e governi - ritengono che questi "diritti" sono in realtà privilegi che si perdono se si viola la legge. Questa opinione non è condivisa da altri, in particolare dai membri della società civile e dalle ONG che tutelano i diritti umani, e non è condivisa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che nel ricorso Velev contro la Bulgaria, ha stabilito che la detenzione non priva il detenuto dei suoi diritti e che l'accesso a questi diritti non può essere limitato in modo arbitrario e ingiustificato.

In questo caso il ricorrente Velyo Velev è stato detenuto nel carcere di Stara Zagora per 29 mesi, dal novembre 2004 all'aprile 2007, per possesso illegale di un'arma da fuoco. Questo non era il suo primo reato e il Sig. Velev è stato considerato un "recidivo". Durante la sua detenzione ha chiesto il permesso di prendere parte ad attività educative per poter finire il liceo. La sua domanda è stata respinta dalle autorità e la loro decisione è stata confermata in una sentenza della Corte suprema amministrativa della Bulgaria. Uno dei motivi del rifiuto consiste nel fatto che lo Stato ha il potere di limitare i diritti dei detenuti - in questo caso, il diritto all'istruzione del signor Velev.

Nessuno degli argomenti di difesa presentati dallo Stato è riuscito a convincere la CEDU. La motivazione a sostegno del diniego di accesso all'istruzione per il Sig. Velev si basava sul timore che il detenuto, recidivo, in questo modo sarebbe stato messo a contatto con “non recidivi” con il rischio di esercitare un'influenza negativa su di loro. Questo argomento è stato rigettato dalla Corte, che ha respinto il fondamento di queste preoccupazioni e ha rilevato che lo Stato non ha fornito dati statistici che giustifichino restrizioni all'accesso all'istruzione. L'altra argomentazione principale dello Stato – ovvero che il signor Velev è stato trasferito in un carcere per recidivi dopo la sua condanna definitiva, e che quindi non deve rimanere in Stara Zagora più del necessario - è stata respinta dalla Corte, che ha stabilito che la Bulgaria aveva commesso un errore nella classificazione del ricorrente come recidivo, in quanto non era stato ancora formalmente condannato per l'accusa di possesso illegale di armi da fuoco.

La Corte ha concesso al Signor Velev un risarcimento per complessivi € 2.000 e ha stabilito che non vi era alcun motivo legittimo per limitare il suo diritto all'istruzione. La Corte ha affermato che l'unica normativa nazionale che avrebbe dovuto essere applicata al caso del signor Velev era al contrario quella che obbliga l'amministrazione penitenziaria ad incoraggiare i detenuti a partecipare alle attività di formazione.

La Corte ha sottolineato che gli Stati firmatari che ai sensi dell'articolo 2 del 1 ° Addendum Protocollo della Convenzione non sono tenuti a fornire detenuti con attività educative, se tale disposizione è materialmente difficile o impossibile date le risorse esistenti del centro. Tuttavia, un ente che è già dotato di queste strutture non è consentito rifiutare la loro detenuti l'accesso ad essi senza giustificazione. La Corte ha ricordato lo stato delle raccomandazioni del Consiglio di regole penitenziarie europee in Europa, affermando, tra l'altro, che "Ogni struttura di detenzione mira a fornire tutti i detenuti l'accesso ai programmi di educazione possibilmente ampio, che - tenendo conto delle aspirazioni individuali dei detenuti - sono in grado di soddisfare le loro esigenze ".

La Corte ha sottolineato che ai sensi dell'articolo 2 del Primo Protocollo aggiuntivo della Convenzione gli Stati firmatari non sono tenuti a garantire ai detenuti attività educative solo se tale disposizione risulti impraticabile o impossibile, date le risorse disponibili in carcere. Tuttavia un istituto dotato di queste strutture non può negare senza giusta causa ai detenuti l'accesso all'istruzione. La Corte ha ricordato allo stato le raccomandazioni del Consiglio d'Europa sulle regole penitenziarie europee, precisando, tra l'altro, che "ogni centro di detenzione mira a fornire a tutti i detenuti un accesso più ampio possibile a programmi formativi che siano in grado di soddisfare le loro esigenze tenendo conto delle inclinazioni individuali".

Questo caso ci ricorda che il diritto all'istruzione è oggetto di controversie in molti altri stati europei ed è molto spesso visto dalle autorità come una ricompensa o privilegio, invece di essere considerato un diritto fondamentale.

L'articolo è originariamente apparso in "Prawnik", un allegato di Dziennik Gazeta Prawna

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