Technologie e Diritti

Donne polacche protestano in massa contro legge anti-aborto

Lo scorso lunedì, in varie città polacche, donne (e uomini) hanno protestato contro una proposta di legge che introdurrebbe il divieto assoluto di aborto.

by Polish Helsinki Foundation for Human Rights
Piotr Grzymski/facebook.com
I manifestanti, vestiti di nero, si sono riuniti il 3 ottobre nella “black protest”, hashtag #czarnyprotest (che significa “protesta in nero”).
Seguendo l'esempio delle donne islandesi negli anni '70, il 3 ottobre le donne polacche hanno scioperato contro la recente proposta di legge sull'aborto. Molte donne si sono rifiutate di andare al lavoro e hanno invece manifestato in varie città in tutta la Polonia.

L'azione, definita “Lunedì nero,” è diventata virale – migliaia di utenti della rete hanno pubblicato le foto che li ritraevano in nero, con l'hashtag #czarnyprotest (#blackprotest).

Progetti di legge opposti

Ad agosto, la coalizione di cittadini “Fermiamo l'aborto!” ha presentato al Parlamento una proposta di legge che modifica le disposizioni che consentono l'aborto e introduce il divieto assoluto di interruzione di gravidanza. La proposta è stata sottoscritta da oltre 450,000 persone. Nello stesso tempo, la coalizione di cittadini “Salviamo le donne” ha presentato una proposta di legge che liberalizza le disposizioni che riguardano l'aborto.

In base all'attuale legge polacca, l'aborto è consentito soltanto in tre casi: quando il feto è gravemente malformato; quando la gravidanza rappresenta un rischio serio per la salute o la vita della madre; quando la gravidanza è il risultato di un reato (stupro o violenza su un minore).

Durante una seduta di metà settembre, il Parlamento ha deciso di respingere la proposta di legge che liberalizza l'accesso all'aborto e, al contempo, di continuare i lavori sulla proposta di legge che introduce il divieto assoluto di interruzione di gravidanza.

Troppo potere ai pubblici ministeri

In base a questa proposta di legge, l'interruzione di gravidanza diventa illegale e può essere punita con la detenzione fino a 5 anni. Se l'interruzione è il risultato di un trattamento sanitario realizzato da un medico per salvare salvare la vita della madre, non verrebbe sanzionata. Tuttavia, la verifica spetterebbe ai pubblici ministeri, cosicché si lascerebbe a loro il potere di decidere, caso per caso, se un particolare trattamento sanitario è stato realizzato in maniera appropriata e se l'obiettivo reale era di salvare la vita della madre.

Inoltre, non ci sarebbe sanzione neanche nel caso in cui l'interruzione di gravidanza fosse il risultato di azioni non intenzionali poste in essere dalla madre. Tuttavia, ancora una volta, la decisione sul fatto che queste azioni siano state intenzionali o meno spetterebbe al pubblico ministero.

L'Helsinki Foundation for Human Rights ha presentato un parere legale su questa proposta di legge. Nel parere si legge che la criminalizzazione di condotte non intenzionali che comportano la morte del feto potrebbe di fatto dissuadere i medici dal prescrivere i test di diagnosi pre-natale e potrebbe determinare la riluttanza delle madri ad intraprendere un trattamento sanitario (ulteriori informazioni sono disponibili qui).

Il Parlamento continuerà i suoi lavori su questa proposta di legge nel mese di ottobre.

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