Monitoraggio UE

Diritti umani in Italia e nel mondo nel 2017

L’ultimo rapporto di Amnesty International contiene molte buone ragioni per allarmarsi per lo stato dei diritti umani in Italia e nel resto d’Europa, ma offre anche motivi per sperare in un futuro migliore.

by Vittoria Scogna

Il rapporto 2017/2018 di Amnesty International è il risultato di 5 analisi regionali e di un’indagine su 159 paesi e territori di tutto il mondo. 400 pagine che forniscono una visione d’insieme delle battaglie in atto nel campo dei diritti umani. Se da un lato i diritti umani sono continuamente messi in pericolo in tutto il mondo, dall’altro lato la risposta a tali attacchi è stata decisamente forte.

La situazione in breve

La battaglia per i diritti umani non è stata definitivamente vinta in nessuna parte del mondo e il futuro è ancora incerto. A 70 anni dall’approvazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo non possiamo ancora dare per scontato nessun diritto umano. L’ambiente, la sicurezza sociale e il diritto di protesta sono solo alcuni dei diritti messi a repentaglio.

In tutto il mondo si vivono attacchi senza precedenti e la risposta della comunità internazionale è molto preoccupante. La maggior parte dei leader europei sta gestendo la cosiddetta crisi dei rifugiati come un problema da allontanare piuttosto che come una questione riguardante i diritti umani.

I conflitti non hanno ridotto il commercio di armi da parte dei paesi ricchi e l’odio e la paura si stanno diffondendo a macchia d’olio. Paesi come l’Austria, la Francia, l’Olanda e l’Italia stanno provando a trasformare le ansie sociali ed economiche in paura, ricerca disperata di qualcuno da incolpare, soprattutto i migranti, i rifugiati o le minoranze religiose.

Le narrative sulla sicurezza e l’anti-terrorismo hanno fornito una giustificazione ai governi per alterare l’equilibrio tra libertà individuali e poteri statali.

La Francia ha posto fine allo stato di emergenza a novembre, dopo aver approvato la legge anti-terrorismo che nella pratica recepisce molte disposizioni che derivano dallo stato di emergenza. Il governo polacco sta alimentando sentimenti nazionalisti e incoraggiando la diffusione di slogan xenofobi.

E in tutta Europa, l’uso diffuso di dispositivi tecnologici sta offuscando la distinzione tra realtà e finzione e la diffusione di fake news sta manipolando l’opinione pubblica.

Margini di speranza

L’altro lato della storia ci dà qualche speranza per un futuro migliore. L’anno trascorso ha anche dimostrato che la volontà di difendere i diritti umani è tuttora viva e vegeta.

Alcune campagne importanti sono state rivitalizzate. Per esempio, la campagna #NotInMyName si è schierata contro la dilagante islamofobia, mentre il movimento #MeToo ha gettato luce sugli abusi e i maltrattamenti.

Le nuove minacce ai diritti umani in Polonia e altrove hanno fatto scendere in strada moltissime persone in difesa dei diritti. Le persone non rinunciano ai valori che vorrebbero vedere affermati nel mondo.

Purtroppo, i costi per sollevarsi contro l’ingiustizia stanno drammaticamente crescendo. Russia, Venezuela ed Egitto ci ricordano quanto è difficile la strada che dobbiamo percorrere.

L’austerità come problema per i diritti umani

Fin dalla crisi finanziaria del 2008, l’implementazione di politiche di austerity sta peggiorando le condizioni di vita delle persone. L’austerity pone questioni in tema di diritti umani perché riguarda l’accesso delle persone all’istruzione, alla salute, alla casa, alla sicurezza sociale e ad altri diritti economici e sociali.

Le ricerche di Amnesty International si focalizzano anche sull’impatto delle politiche di austerity nella protezione e implementazione dei diritti socio-economici nei paesi coinvolti nello studio. I prossimi anni saranno una grossa opportunità di cambiamento. Combattiamo le politiche di demonizzazione, costruendo una cultura di solidarietà.

La situazione in Italia

Oltre 2,800 persone sono morte lo scorso anno nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e raggiungere l’Italia, mentre 119,000 persone sono sopravvissute nella traversata.

A maggio le informazioni pubblicate sull’Espresso hanno consentito di riaprire il terribile caso delle 260 persone morte nel naufragio dell’11 ottobre 2013.

Nonostante il mandato del governo nel 2014, il legislatore italiano non ha ancora approvato i decreti necessari per abolire il reato di “ingresso e soggiorno illegale”.

Cooperazione tra Italia e Libia

Un’altra questione controversa è la cooperazione con la Libia per il controllo delle migrazioni. La Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili, membro di Liberties,da tempo denuncia l’illegittimità dell’accordo con la Libia, definendolo un atto criminale.

La cooperazione dell’Italia con la Libia è stata aspramente criticata anche da vari esperti e organismi ONU, tra cui l’Alto Commissario sui Diritti Umani dell’ONU, oltre che il Commissario sui Diritti Umani del Consiglio d’Europa.

A febbraio, l’Italia ha firmato un memorandum d’intesa con la Libia per fornire sostegno alle autorità libiche che gestiscono i centri di detenzione per migranti. L’Italia ha messo a disposizione della Guardia Costiera libica anche formazione e motovedette.

Pur essendo consapevole degli abusi, dei trattamenti inumani e di altre pesanti violazioni di diritti umani a cui sono sottoposti i migranti in Libia, l’Italia sembra dare priorità alla defezione del “problema dell’immigrazione” piuttosto che alla protezione degli esseri umani.

ONG

Nonostante la crescita dei flussi migratori, le capacità di salvataggio delle organizzazioni non governative (ONG) sono state sottoposte a restrizioni a luglio, quando l’Italia, con il supporto dell’Unione Europea, ha imposto un codice di comportamento alle ONG che operano in mare. Alcune di loro sono state accusate di incoraggiare le partenze dalla Libia e le indagini penali sono ancora in corso.

Ad esacerbare la situazione dei migranti in Italia ci sono le lungaggini delle procedure di asilo. Ad aprile è stata introdotta una legge per velocizzare il processo e contrastare l’immigrazione illegale, che però non ha chiarito la natura e il funzionamento degli hotspot istituiti dall’UE e dal governo dopo gli accordi del 2015. Il sistema è stato anche criticato dal Garante nazionale per i diritti delle persone detenuto o private della libertà personale e dal Comitato Diritti Umani dell’ONU.

Ancor più problematica è la situazione di oltre 16,000 minori non accompagnati (disciplinata dall’introduzione della legge 47/2017). Nonostante le difficoltà, l’Italia ha continuato a garantire l’accesso umanitario alle persone trasferite attraverso il progetto finanziato da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche e Tavola Valdese.

Diritto alla casa e sgomberi

I rom continuano a subire discriminazioni nell’accesso a un’abitazione dignitosa e spesso sono costretti a subire sfratti o ad essere segregati nei campi.

Ad agosto, per esempio, le autorità hanno sgomberato centinaia di persone, bambini compresi, da un edificio nel centro di Roma. La Commissione Europea non è ad ora intervenuta contro l’Italia per la violazione della legge UE sulla discriminazione.

Tortura e morti in carcere

Riguardo all’introduzione della legge contro la tortura, Amnesty International e Antigone, membro di Liberties, condividono la stessa posizione nel considerarla inaccettabile. Amnesty International ha anche dedicato un paragrafo alle “morti in carcere”, ricordando sinteticamente il processo in corso contro i responsabili della morte di Stefano Cucchi. Una tragedia che evidenzia, per l’ennesima volta, la necessità di avere una legge contro la tortura efficace.

Il rapporto completo è disponibile all’indirizzo https://www.amnesty.org/en/latest/research/2018/02/annual-report-201718/

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