Technologie e Diritti

Condanna di un utente Twitter mette a rischio la libertà di parola in Spagna

Dopo una prima assoluzione, la Corte Suprema Spagnola ha condannato il cantante César Strawberry a un anno di carcere per svariate volgari battute fatte su Twitter. La sentenza della corte è stata criticata in quanto violerebbe la libertà di parola.

by Rights International Spain
La Corte Suprema Spagnola ha condannato il cantante del gruppo spagnolo Def con Dos, César Strawberry, ad un anno di carcere per i reati di glorificazione del terrorismo e umiliazione delle vittime del terrorismo.
I reati riguardano i commenti pubblicati sul suo account Twitter tra novembre 2013 e gennaio 2014, in cui prende in giro alcune vittime del terrorismo e critica alcune autorità pubbliche, augurando loro la morte.

La sentenza della Corte Suprema Spagnola ribalta quella dell'Alta Corte Nazionale che aveva assolto il cantante, una decisione subito impugnata dal pubblico ministero. La Corte Suprema ha ritenuto che i messaggi fossero umilianti e beffardi, in quanto “alimentano discorsi di odio, legittimano il terrorismo come mezzo per risolvere i conflitti sociali e obbligano le vittime a rivivere l'esperienza terribile delle minacce, dei rapimenti o degli omicidi dei loro familiari.”

Sentenza 'terribile' per la libertà di espressione

La Corte Suprema non ha condiviso l'opinione dell'Alta Corte Nazionale secondo cui i messaggi sono espressione di “una critica alla situazione sociale e politica” ed “esclusivamente pacifici e di natura culturale,” quindi andavano tutelati ai sensi della libertà di espressione.

L'Osservatorio sui Diritti Civili e sulle Libertà Pubbliche ha pubblicato sul blog di Rights International Spain un articolo che analizza e critica la sentenza della Corte Suprema.

Nell'articolo si legge che la sentenza “è una notizia terribile per la libertà di espressione, in linea con il graduale deterioramento dei diritti fondamentali da parte delle autorità pubbliche, in questo caso il sistema giudiziario.”

L'articolo prosegue spiegando che “a livello formale la sentenza sembra prendere in considerazione il diritto alla libertà di espressione proprio come farebbe la Corte Europea dei Diritti Umani,” ma “il problema sorge quando ciò che dovrebbe essere eccezionale – la limitazione di tale diritto – diventa forse non la norma ma certamente qualcosa di abituale, a portata di mano di certe politiche, interessi o ideologie, per via del venir meno del sistema di garanzie legali e giudiziarie previste dalla costituzione per la protezione dei diritti fondamentali dei cittadini.”

'Fuori dal contesto'

L'Osservatorio mette in evidenza i pericoli del concetto di discorsi di odio, che è diventato un vero e proprio mantra, un ingrediente chiave, utilizzato come pretesto per consentire ad alcuni attori giudiziari di imporre la loro prospettiva altamente conservatrice, cosa che può portare a limitare in maniera illegittima il diritto alla libertà di espressione. Tale concetto costituisce un mattone in più sul muro che qualcuno vorrebbe erigere attorno ai cittadini, a beneficio di alcune ideologie.”

In questo caso, l'Osservatorio ritiene che “la Corte Suprema abbia scelto di analizzare questi commenti fuori dal contesto, in maniera meramente formale, letterale, faziosa e parziale, quando di fatto sono chiaramente delle posizioni culturali e politiche che la Corte semplicemente non condivide. La Corte considera tali posizioni ripugnanti e quindi non ha esitato a identificarle come “discorsi di odio.””

A questo proposito, l'articolo argomenta che “nel valutare la protezione della libertà di espressione, è importante distinguere chiaramente il livello di discorso in questione. Il grado in cui questa libertà deve essere protetta dipende dal tipo di espressione utilizzata. Questo è determinato non solo in base al contenuto dell'espressione, ma anche dal tono e dalla forma del messaggio. Il diritto alla libertà di espressione include la libertà di opinione e in particolare di opinione politica, oltre che la libertà di espressione culturale in tutte le sue manifestazioni e modi. Ci sono molti fattori da tenere in considerazione nel valutare queste espressioni e riconoscere la loro tutela come l'esercizio di un diritto fondamentale.”

Non è detta l'ultima parola

Secondo l'Osservatorio, “la sentenza della Corte Suprema abbandona tale posizione e si schiera contro le espressioni politiche e culturali usate da Strawberry nel peggior modo possibile: negando il loro carattere politico, usando un linguaggio totalitario e violento di negazione ed esclusione. La sentenza della Corte non prende in considerazione né rispetta le idee altrui. Lo tratta in maniera intollerabile, usando contro-argomentazioni che sono correttissime nella forma ma straordinariamente violente in realtà, a dir poco un'imposizione autoritaria di opinioni senza alcuna vera analisi giuridica.”

L'Osservatorio sui Diritti Civili e sulle Libertà Pubbliche conclude che “non è la prima volta che la Corte Sprema agisce in questo modo, dimostrando di andare oltre quanto di sua competenza in questioni come questa. L'ultima parola non è ancora stata pronunciata, perché la Corte Costituzionale dovrà esprimersi e se necessario anche la Corte Europea dei Diritti Umani, che sicuramente è il miglior organo per valutare questo caso in quanto non condizionato dal settarismo ideologico e dalla mancanza di tutele costituzionali che caratterizza i nostri più alti tribunali nel momento in cui si confrontano con alcune questioni.”

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