Democrazia e Giustizia

Ancora hate speech e discriminazione contro i rom in Italia

Un nuovo rapporto fa luce sulla situazione dei rom in Italia, molti dei quali continuano a vivere in campi segregati e subiscono quotidiane discriminazioni, spesso da parte delle autorità pubbliche.

by Tommaso Fusco

Alla vigilia della Giornata Internazionale dei Rom e dei Sinti, celebrata l’8 aprile di ogni anno, l’Associazione 21 Luglio ha presentato il suo rapporto annuale sulle condizioni di vita delle comunità rom e sinti in Italia. Queste comunità, meglio note come campi rom, sono tuttora segregate e i loro abitanti sono vittime di politiche discriminatorie da parte delle istituzioni.

Emergenza abitativa e insediamenti

La questione dell’emergenza abitativa resta centrale per comprendere le condizioni di vita delle comunità rom e sinti in Italia. Negli ultimi 20 anni, l’Italia è stata il paese maggiormente coinvolto nella progettazione, costruzione e gestione delle aree periferiche destinate a segregare le comunità rom su base etnica.

Secondo un’indagine condotta nel 2017 dall’Associazione 21 Luglio, in Italia ci sarebbero 26,000 persone che vivono in una situazione di emergenza, di cui circa 16,400 in insediamenti formali (148 in tutto il paese) e 9,600 in insediamenti informali o di piccole dimensioni.

Questi dati rappresentano una diminuzione del 7% rispetto al 2016, quando 28,000 rom vivevano in una situazione di emergenza. La diminuzione del numero di persone che vivono in queste condizioni è in parte spiegata dal trasferimento di alcune comunità dagli insediamenti informali a edifici occupati e dall’emigrazione volontaria di alcune famiglie verso altri paesi europei.

Negli insediamenti censiti, le condizioni di vista restano deplorevoli. Le baraccopoli istituzionali, progettate, costruite e gestite da autorità pubbliche, restano al di sotto degli standard internazionali sia in termini di condizioni igieniche che in relazione alle condizioni strutturali degli insediamenti stessi e delle relative unità abitative.

Nel corso degli anni, alcune di queste baraccopoli istituzionali sono state trasformate anche in insediamenti “tollerati” – aree non più ufficialmente autorizzate e nelle quali le autorità pubbliche forniscono servizi minimi. Per quanto riguarda le baraccopoli “informali”, si tratta di abitazioni precarie (caravan, tende, baracche auto-costruite) spesso sprovviste di acqua corrente, riscaldamento, sistema fognario e illuminazione.

Condizioni che pesano significativamente sulla salute di chi vive in questi insediamenti: gli abitanti hanno un’aspettativa di vita che è di 10 anni più bassa rispetto alla media italiana.

Strategia nazionale di inclusione dei rom

Come riportato dall’Associazione 21 Luglio, vari organismi internazionali di monitoraggio hanno sottolineato che la Strategia nazionale di inclusione dei rom non ha prodotto miglioramenti tangibili sulle condizioni delle comunità rom e sinti in situazione di emergenza abitativa.

Nel 2017 gli interventi, soprattutto a livello locale, sono stati disomogenei, contradditori e talvolta in contrasto con l’orientamento della strategia. Alcuni insediamenti mono-etnici sono stati costruiti o rinnovati, in direzione opposta al loro superamento. Alcune città hanno inoltre visto aumentare il numero degli sgomberi, mentre questi dovrebbero essere evitati. Gli sgomberi, anziché rimediare all’inadeguatezza delle abitazioni, ottengono l’effetto opposto di replicare la situazione in un altro posto, consolidando così il circolo vizioso della povertà e dell’esclusione.

L’attività di monitoraggio realizzata dall’Associazione 21 luglio ha così permesso di registrare 230 sgomberi in Italia nel 2017, dei quali 96 al Nord, 91 al Centro e 43 al Sud.

Il Rapporto Annuale dell’Associazione 21 Luglio quindi ci mostra che, anche per l’anno passato, l’obiettivo di superare i campi mono etnici non è stato rispettato e la Strategia nazionale per l’inclusione dei rom non ha registrato risultati significativi.

Discorsi di odio

Anche se l’aumento dell’immigrazione ha in una certa misura distolto i media e l’opinione pubblica dalla “questione rom”, i discorsi di odio, la discriminazione e le aggressioni violente sono tuttora presenti nel discorso politico italiano.

Secondo gli ultimi dati dell’osservatorio 21 Luglio, c’è una connessione diretta tra le politiche pubbliche discriminatorie e segregative e gli episodi di odio di cui comunità rom e sinti sono vittime, soprattutto durante le campagne elettorali, quanto queste discriminazioni sembrano raggiungere la più alta intensità.

Lo scorso anno, sono stati segnalati 182 casi di discorsi di odio contro rom e sinti, di cui 51 (il 28.1% del totale) qualificati come particolarmente gravi.
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