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Polonia: ricorsi alla Corte Europea dei Diritti Umani nel caso dei “giudici non eletti”

I giudici che nel 2007 non hanno ricevuto nomina ufficiale per gli uffici giudiziari hanno presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani. I ricorrenti sono rappresentati da Marcin Ciemiński, difensore con Clifford Chance.

by Polish Helsinki Foundation for Human Rights

Il caso riguarda eventi che hanno avuto luogo tra il 2005 e il 2008. In quel periodo cinque giudici e cinque assistenti (asesorzy sądowi) hanno ottenuto l'approvazione per il ricorso all'ufficio giudiziario dal Consiglio Nazionale della Magistratura polacco. In base all'articolo 55 (1) del Regolamento dei Tribunali (che è equivalente all'articolo 79 della Costituzione Polacca) i giudici dei tribunali ordinari sono nominati dal Presidente su istanza del Consiglio Nazionale della Magistratura.

Tuttavia la Cancelleria del Presidente della Polonia ha informato che Lech Kaczyński aveva deciso di non nominare i ricorrenti. Era soltanto il 2007 quando questa decisione è stata emanata senza fornire alcuna giustificazione.

I giudici non nominati hanno presentato il loro reclamo al Tribunale Amministrativo Provinciale. Essi hanno affermato che il Presidente fosse colpevole di inazione nelle sue funzioni di ente amministrativo pubblico. Il tribunale ha respinto il reclamo e dichiarato di non essere competente a giudicare il caso perché nel nominare i giudici il Presidente non agisce come soggetto amministrativo pubblico.

I procedimenti davanti alla Suprema Corte Amministrativa sono stati sospesi a seguito della presentazione dei ricorsi al Tribunale Costituzionale. I giudici hanno affermato che l'articolo 55 (1) del Regolamento dei Tribunali non è conforme, per esempio, ai principi di uno stato democratico governato dalla legge e al diritto di pari accesso ai servizi pubblici.

Sono passati quattro anni prima che il Tribunale Costituzionale, all'unanimità, decidesse di sospendere il procedimento. Nelle motivazioni di questa decisione, il Tribunale ha sostenuto che i ricorrenti non avevano esaurito tutte le vie legali possibili e il loro caso non era stato risolto definitivamente dalla Suprema Corte Amministrativa.

Alla fine, ad ottobre 2012 la Corte Suprema Amministrativa ha chiuso il ricorso in Cassazione. La SAC ha sottolineato, tra le altre cose, che, sulla base del ruolo regolamentare del Presidente, si potrebbe concludere che la nomina degli ufficiali giudiziari non rientri tra i doveri amministrativi del Presidente.

A febbraio 2013 quattro giudici cui era stata rifiutata la nomina, hanno presentato ancora una volta un ricorso al Tribunale Costituzionale. Ma il Tribunale ha rifiutato di trattare i loro casi, affermando, tra le altre cose, che anche la revoca delle disposizioni contestate dai denuncianti non cambierebbe la situazione dei giudici non nominati.

“Il caso dei giudici non nominati è frustrante non solo per la situazione dei ricorrenti, ma anche per via del fatto che i tribunali polacchi si sono sottratti ai loro obblighi di emanare una sentenza concreta in questo caso”, ha affermato Adam Bodnar, vice presidente di HFHR.

“Molti avvocati sono stati coinvolti nel caso e hanno operato pro bono”, ha sostenuto Adam Bodnar. Di fronte al Tribunale Costituzionale e ai tribunali amministrativi i ricorrenti sono stati rappresentati dagli avvocati Marcin Ciemiński e Paweł Pogorzelski, Clifford Chance e Agnieszka Wardak e dal consulente legale Patrick Radzimierski, Dentons.

I ricorrenti hanno presentato i ricorsi alla Corte Europea dei Diritti Umani. Essi hanno sostenuto, tra le altre cose, che né i tribunali amministrativi, né il Tribunale Costituzionale, hanno giudicato nel merito dei casi e indagato sulla legalità o meno del rifiuto del Presidente di nominare i ricorrenti come giudici, violando così il diritto alla giurisdizione e il diritto ad un giusto processo.

Nell'opinione dei ricorrenti la Polonia ha violato l'articolo 13 della Convenzione nel non assicurare la misura dell'appello. In più, i ricorrenti hanno affermato di essere stati discriminati essendo stati trattati diversamente da altri candidati giudici che avevano gli stessi requisiti.

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