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Parlamento Europeo vota sull'Ungheria di Orban: tutto quello che devi sapere

La prossima settimana il Parlamento Europeo si esprimerà con un voto storico sullo stato della democrazia ungherese. Ma cosa c'è in ballo e cosa potrebbe accadere?

by Israel Butler

Su cosa si vota?

Gli europarlamentari dovranno decidere se avviare una procedura che potrebbe portare il governo ungherese a rischiare pesanti sanzioni dall'UE. Si voterà se approvare la bozza di risoluzione e di relazione dell'11 settembre. Se il voto sarà favorevole, verrà attivato l'articolo 7 del Trattato sull'Unione Europea. Il Parlamento non voterà per sanzionare il governo ungherese - non ha questo potere. Se la risoluzione venisse approvata, l'Ungheria verrebbe solo inserita formalmente nell'agenda del Consiglio dell'UE. Il Consiglio è la sede in cui i ministri di tutti i paesi UE si incontrano. Se l'Ungheria viene inserita nella sua agenda, i governi dovranno discutere la situazione ed eventualmente decidere se concordano sul fatto che esista un problema grave in Ungheria.

Perché l'Ungheria preoccupa il Parlamento Europeo?

Si tratterebbe della sesta risoluzione sull'Ungheria del Parlamento Europeo da quando il primo ministro Orban e il suo partito Fidesz sono saliti al potere nel 2010. Questo dato è impressionante. Tradizionalmente, i problemi relativi ai diritti umani abbastanza gravi da attirare l'attenzione del Parlamento Europeo hanno riguardato solo paesi esterni all'UE, come Zimbabwe, Russia o Myanmar. Con la recente eccezione della Polonia, la situazione in un paese UE raramente arriva ad essere così drammatica da far sentire al Parlamento Europeo la necessità di approvare una risoluzione.

Dai testi della bozza di risoluzione e della relazione di accompagnamento emergono una serie di preoccupazioni sugli sviluppi in Ungheria dal 2010 che possono essere sintetizzabili come segue:

  • Il governo controlla il dibattito pubblico. Sia i media pubblici che quelli privati sono per lo più filo-governativi. I media privati sono quasi sempre proprietà di amici del governo o si astengono dal criticarlo per timore di perdere le entrate che provengono dal governo attraverso contratti pubblicitari o per paura di essere multati per aver violato regolamenti formulati in maniera vaga. Questo significa che la maggior parte delle notizie che il pubblico riceve è a favore del governo. L'opinione pubblica è nutrita da teorie complottiste su presunte trame da parte di ONG e UE per favorire l'immigrazione in Ungheria e su storie allarmanti di richiedenti asilo che provano a distruggere il paese, mentre i dettagli sugli scandali di corruzione del governo vengono taciuti da quasi tutti i media indipendenti.
  • Il governo ha reso estremamente difficile per i tribunali tenere sotto controllo i poteri governativi. Ha licenziato la maggior parte dei giudici di grado più elevato del paese, ha piazzato alla Corte Costituzionale degli alleati politici, le ha tolto il potere di controllare se le nuove leggi siano conformi agli standard delle libertà civili e ha acquisito il potere di disciplinare i giudici, di spostare la gestione dei casi da un giudice all'altro e di nominare e rimuovere i vertici giudiziari. Siccome molti tribunali ordinari si stanno ancora comportando in maniera autonoma, il governo ha appena creato un nuovo tribunale per gestire le questioni riguardanti le elezioni, il diritto di protestare in maniera pubblica e la corruzione.
  • Il governo ha fissato le regole elettorali in modo da rendere molto difficile che Fidesz perda le elezioni. Le regole elettorali sono state ridisegnate a favore del partito al potere, il governo ha usato soldi pubblici per finanziare campagne pubblicitarie che veicolano i messaggi elettorali del partito al potere e la maggior parte dei media seguiti dal pubblico sono favorevoli a questo partito.
  • Il governo è profondamente corrotto. Consistenti contratti governativi sono sistematicamente stipulati con gli alleati del governo e richiedono un sovrapprezzo per servizi e prodotti attraverso cui intascano denaro pubblico, compresi fondi dell'UE.
  • Il governo ha ristretto una vasta gamma di libertà civili e diritti fondamentali. Tra questi: ha provato a far chiudere la Central European University e varie ONG, per impedire ai richiedenti asilo di chiedere protezione e si è rifiutato di reprimere gli atti di razzismo contro rom, musulmani ed ebrei, così come la violenza domestica.

Come sono state scritte risoluzione e relazione?

Il Parlamento Europeo svolge gran parte della sua attività attraverso delle commissioni di europarlamentari. Ogni commissione è specializzata su uno specifico tema, come il commercio o l'energia. La commissione che ha scritto la risoluzione e la relazione sull'Ungheria è la Commissione sulle Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni (LIBE). La commissione nomina un eurodeputato (denominato relatore) e lo incarica di scrivere il testo. L'eurodeputato incaricato della relazione sull'Ungheria è Judith Sargentini, europarlamentare del gruppo dei Verdi. Ognuno degli altri gruppi politici (di sinistra, centro e destra) nomina un proprio relatore 'ombra'. La maggior parte del lavoro è svolto dal relatore, ma per evitare che la relazione non venga votata dagli altri gruppi politici, il relatore incontra periodicamente tutti gli altri gruppi politici e prova ad arrivare a un testo condiviso. Per questa risoluzione e per la relazione, il relatore ha anche incontrato attivisti di destra, esperti universitari e think thanks, rappresentanti del governo ungherese e rappresentanti di altre organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e il Consiglio d'Europa.

La relazione è stata approvata in commissione LIBE con 37 voti a favore e 19 contrari. Altre quattro commissioni del Parlamento Europeo hanno prodotto dei documenti scritti sull'Ungheria, noti come “pareri”, che si focalizzano su varie questioni, come il trattamento delle donne, la libertà dei media e l'università. Questi pareri, tutti concordi con l'attivare la procedura prevista dall'articolo 7, sono stati approvati con ampie maggioranze.

I risultati della relazione si basano principalmente sui rapporti di esperti che operano in organizzazioni internazionali. Tutti i governi UE fanno parte di tali organismi internazionali e hanno concesso la loro autorizzazione affinché i loro esperti monitorassero gli standard di democrazia, stato di diritto e diritti umani. Molti di questi organismi svolgono questa attività da oltre 50 anni e gli esperti che lavorano in team sono nominati e approvati dai governi. Tra questi vi sono vari organismi delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa e dell'OSCE. E' semplicemente impensabile che le informazioni contenute nella risoluzione e nella relazione siano imprecise o di parte.

Quali sono le possibilità che la risoluzione venga approvata?

Questa risoluzione è speciale perché per attivare l'articolo 7 deve essere votata da una maggioranza di due terzi degli europarlamentari – anziché dalla maggioranza semplice.

Gli eurodeputati del partito di Orban, Fidesz, fanno parte del Partito Popolare Europeo (PPE) – il più grande gruppo singolo all'interno del Parlamento Europeo. Finora, il PPE ha sempre votato in blocco contro le risoluzioni critiche nei confronti del governo ungherese per lealtà verso uno dei suoi membri, Fidesz. Ma l'ultima volta che il Parlamento Europeo ha votato sull'Ungheria, nel 2017, qualcosa è cambiato. Orban ha continuato a smantellare la democrazia e vari eurodeputati del PPE hanno iniziato a sentirsi a disagio. Nel momento in cui è stata votata l'ultima risoluzione sull'Ungheria, nel 2017, il gruppo del PPE era così diviso che la leadership politica ha permesso ai propri eurodeputati di votare liberamente. Vale a dire che sono stati autorizzati a votare individualmente piuttosto che a seguire una posizione ufficiale del PPE. Il PPE si è diviso in tre filoni. Dei 200 eurodeputati del gruppo che hanno votato, 67 hanno approvato la risoluzione, 93 si sono opposti e 40 si sono astenuti. Nel complesso, il 58% degli eurodeputati del Parlamento Europeo ha votato a favore della risoluzione.

Se la risoluzione venisse approvata la prossima settimana, significherà che gli eurodeputati del PPE che si sono opposti o astenuti nel 2017 hanno cambiato opinione nel frattempo. E' possibile capire se gli eurodeputati del PPE hanno cambiato la loro posizione andando a vedere come hanno votato nelle cinque commissioni parlamentari durante la preparazione dell'attuale risoluzione.

Complessivamente, 42 eurodeputati del PPE sono stati coinvolti in operazioni di voto in queste cinque commissioni. Un totale di 10 europarlamentari del PPE hanno spostato il proprio voto arrivando a sostenere l'applicazione dell'articolo 7 o votando a favore (6) o astenendosi (4) mentre prima avevano votato contro o si erano astenuti o non avevano votato affatto. Ma ci sono stati anche altri 6 eurodeputati che hanno spostato il proprio voto nella direzione opposta votando contro (2) o astenendosi (4) mentre prima avevano votato a favore della risoluzione del 2017. Naturalmente, questo ci dà solo un'idea delle posizioni nel PPE. Gli eurodeputati del PPE rappresentanti di Olanda, Svezia, Finlandia e Lussemburgo sono sempre più critici nei confronti di Fidesz e gli eurodeputati del PPE rappresentanti di Polonia, Irlanda, Portogallo, Belgio, Grecia e Malta hanno votato in gran parte a favore della risoluzione del 2017. Ma a parte la Polonia, che ha una popolazione molto vasta, questi piccoli paesi hanno solo una manciata di eurodeputati del PPE ciascuno. Affinché la risoluzione passi la prossima settimana, i membri del PPE di Germania, Italia, Spagna e Francia (i cui numeri sono molto più ampi) dovranno decidere di sostenerla. E ad ora non hanno reso nota la loro posizione al proposito.

Molti nel PPE potrebbero essere ancora inclini a supportare Fidesz perché incerti su cosa farà Orban dopo le elezioni del Parlamento Europeo di marzo. Il PPE si aspetta di perdere dei seggi e se sostiene l'attivazione dell'articolo 7 Orban potrebbe decidere di vendicarsi spostando i suoi eurodeputati verso un altro gruppo parlamentare, indebolendo ulteriormente il PPE. Di recente Orban ha incontrato Matteo Salvini, leader della Lega Nord e vice-primo ministro italiano, che non appartiene al gruppo del PPE. Questa potrebbe essere una velata minaccia al PPE di formare un nuovo groppo politico con altri populisti autoritari nel caso in cui il PPE non continuasse a proteggerlo dall'assunzione di responsabilità.

E ci sono altri fattori a complicare il quadro. Alcuni eurodeputati rumeni di centro-sinistra (che appoggerebbero la risoluzione), potrebbero decidere di non sostenere l'attivazione dell'articolo 7 per timore che la Romania sia la prossima in agenda. Questi europarlamentari appartengono all'attuale partito di governo che ha represso i manifestanti contro la corruzione e le ONG che chiedono al governo di non indebolire le leggi sulla corruzione e la magistratura. E alcuni eurodeputati potrebbero semplicemente non presentarsi perché troppo impegnati con le loro campagne elettorali.

Perché si tratta di un grande problema?

Potrebbe sembrare una questione non così rilevante, ma prima di quest'anno l'articolo 7 non era mai stato utilizzato. I governi europei preferiscono mantenere le relazioni tra di loro nel modo più pacifico possibile e non vogliono rischiare di creare rabbia o risentimento esaminando le reciproche violazioni di diritti umani. Non è che non parlino delle rispettive violazioni. Lo fanno, e possono farlo in maniera accesa – ma lo fanno in altre sedi, come le Nazioni Unite, l'OSCE e il Consiglio d'Europa. E lo fanno in contesti molto lontani dall'UE, in modo che questo non interferisca sulla loro cooperazione relativamente fluida su questioni come il commercio, la protezione dell'ambiente e la lotta al crimine organizzato. Ma siccome le libertà fondamentali sono sottoposte a crescenti minacce da parte di governi populisti autoritari in Ungheria e Polonia, molti governi UE hanno iniziato a sollevare questioni scomode.

Cos'è l'articolo 7?

L'articolo 7 è stato creato come procedura di emergenza per tutelare le protezioni fondamentali della democrazia e delle libertà civili. Può essere utilizzato solo se un paese viola in maniera grave e sistematica le regole che consentono a una democrazia moderna di funzionare in maniera appropriata. Questioni come l'indipendenza dei media o dei tribunali che mantengono il potere di fermare un abuso di poteri da parte del governo, le leggi che proteggono le minoranze e le libertà fondamentali. L'UE ha provato a fare pressioni politiche e ad attivare procedure legali per costringere Orban a cambiare rotta, ma nessuna di queste ha avuto un impatto reale. La tattica di Orban è stata di fare tre passi avanti e uno indietro quando è stato sottoposto a pressione internazionale, lasciando in piedi molte riforme dannose.

La procedura dell'articolo 7 è lunga. Implica almeno tre votazioni in tre diverse fasi da parte del Consiglio. Per arrivare a poter sanzionare un governo occorre che tutti i governi (eccetto quello sotto esame) siano daccordo. L'articolo 7 è stato attivato per la prima volta nella storia dell'Unione Europea solo di recente, quando la Commissione ha inserito la Polonia nell'agenda del Consiglio in seguito all'assunzione del controllo dei tribunali da parte del governo del paese. Dopo vari incontri per discutere del caso della Polonia, i ministri non sono ancora arrivati a prendere una decisione formale. Non si tratta di portare popcorn. Si tratta di portare sacchi a pelo.

Una sanzione ai sensi dell'articolo 7 può essere qualunque misura che tolga un diritto che un paese ha ottenuto entrando a far parte dell'UE. L'esempio più citato è quello di un governo che può perdere il diritto di voto, il che significa che quel governo non potrà più esprimersi sulle leggi approvate dall'UE. Ma i governi ottengono molti privilegi quando aderiscono all'UE, compresi i finanziamenti, la libertà di scambio all'interno dei confini europei, la possibilità di spostare denaro e comprare e vendere servizi ovunque nell'UE, per non parlare della possibilità di partecipare alle centinaia di incontri in cui vengono decise leggi e politiche.

Il verdetto?

Orban ha portato l'Ungheria al punto di eleggere l'autocrazia. Lo stato che ha creato non rientra più nel modello di democrazia concordato tra i paesi europei negli anni '50. Prima che un paese possa aderire all'UE, deve dimostrare di avere in piedi garanzie per assicurare un corretto funzionamento della democrazia, con tribunali indipendenti che possono tenere il governo sotto controllo e consentire a tutte le parti della società di partecipare alla vita civile e politica, proteggendo al contempo le libertà fondamentali. Queste garanzie sono state messe in pratica per prevenire il riemergere di stati autoritari e gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Nessuna palla che l'UE ha passato a Orban è stata colta. Votare a favore della risoluzione e della relazione dovrebbe essere un gioco da ragazzi. Anche la realpolitik lo dimostra: Orban non può restare fedele al PPE mentre corteggia gli avversari che sono al potere in Polonia e Italia.

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