Technologie e Diritti

La Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza su Google protegge il "diritto all'oblio"

Nella sentenza tanto attesa nel caso che coinvolge Google, la Corte di giustizia dell'Unione europea non ha seguito il parere dell'avvocato generale, adottando invece un approccio molto più severo nei confronti dei gestori dei motori di ricerca.

by Polish Helsinki Foundation for Human Rights

Dopo aver invalidato la direttiva sulla conservazione dei dati, la Corte di giustizia dell'Unione europea ancora una volta ha preso una posizione forte a favore della privacy. È interessante notare come la Corte solo due volte in tutta la sentenza abbia fatto riferimento alla libertà di espressione.

I motori di ricerca ci permettono di cercare, ricevere e diffondere informazioni. Rendono contenuti online accessibili e fruibili. E' per questo che limitare la portata dei motori di ricerca e chiedere la cancellazione di alcuni link dai risultati delle ricerche dovrebbe essere fatto con cautela. L'importante ruolo dei motori di ricerca è stato riconosciuto nel 2012 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, che ha valutato essenziale che i motori di ricerca possano perlustrare liberamente il web e indicizzare le informazioni disponibili destinate alla diffusione di massa (cfr.: Raccomandazione CM/Rec (2012)3 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla protezione dei diritti dell'uomo per quanto riguarda i motori di ricerca, adottata il 4 aprile 2012).

Allo stesso tempo però i motori di ricerca possono raccogliere ed aggregare informazioni generali di vario tipo su di una sola persona. Questo può avere effetti significativi sulla persona in questione, per la sua vita sia privata che pubblica. Nelle raccomandazioni citate sopra il Comitato dei Ministri ha riconosciuto la necessità di distinguere tra diversi tipi di contenuti. Secondo il Comitato è necessario rivedere i criteri gerarchizzazione ed indicizzazione dei contenuti non destinati alla comunicazione di massa o non destinati alla comunicazione di massa in forma aggregata. Per esempio, il Comitato ha proposto di collocare alcuni contenuti sufficientemente in basso nei risultati di ricerca in modo da consentire un equilibrio tra l'accessibilità dei contenuti in questione e le intenzioni del loro autore. Il Comitato raccomanda agli stati di "accrescere la trasparenza della raccolta dei dati personali e delle finalità legittime per le quali sono elaborati" al fine di "consentire agli utenti di trovare facilmente e, se del caso, correggere o cancellare i propri dati personali detenuti dai gestori dei motori di ricerca" e "sviluppare strumenti per ridurre al minimo la raccolta e il trattamento dei dati personali, tra cui ad esempio l'adozione di tempi massimi per la conservazione dei dati, la loro trasformazione in forma anonima irreversibile, nonché strumenti per la cancellazione dei dati". Il giudizio di oggi della Corte è in linea con le preoccupazioni del Comitato e sembra adottare un approccio ancora più rigoroso nei confronti dei gestori dei motori di ricerca.

Il caso di Google Spagna e Google (C-131/12) è nato dalla denuncia di un privato, un cittadino spagnolo, che ha richiesto a Google la rimozione di una serie di riferimenti dai risultati di ricerca. L'Agenzia spagnola per la protezione della privacy ha sostenuto questa richiesta, ma allo stesso tempo ha dichiarato che le informazioni disponibili sulle pagine on-line di un giornale locale, dove erano apparse inizialmente e legalmente, potevano restare lì. L'Alta corte di Spagna ha espresso dubbi sulla decisione circa la rimozione dei dati dagli indici di ricerca e ha deferito il caso alla Corte di giustizia per una pronuncia pregiudiziale. La corte nazionale ha chiesto, tra le altre cose, se al denunciante dovesse essere consentito di chiedere a Google la de-indicizzazione delle informazioni che si riferivano a lui personalmente.

Oggi la Corte di giustizia ha stabilito che, in effetti, è possibile chiedere ai gestori dei motori di ricerca la rimozione di link dai risultati di ricerca. Questo è possibile anche se il contenuto linkato è lecito e la sua fonte originale rimane intatta - la Corte ha distinto chiaramente tra il diritto di pubblicare informazioni e il fatto di visualizzarle tra i risultati di una ricerca. Essa ha sottolineato che queste attività hanno un diverso impatto sulla persona e sul suo diritto alla privacy. Facendo riferimento all'articolo 7 della Carta, che garantisce il diritto al rispetto della vita privata, all'articolo 8, che afferma il diritto alla protezione dei dati personali, e sulla base anche delle disposizioni della Direttiva sulla protezione dei dati, la Corte ha deciso che è possibile ordinare al gestore di un motore di ricerca di rimuovere i link visualizzati nei risultati della ricerca e che reindirizzano a pagine web pubblicate da terzi contenenti informazioni relative ad una persona. La Corte ha dichiarato che "data la facilità con cui le informazioni pubblicate su un sito web possono essere replicate su altri siti, ed il fatto che le persone responsabili della prima pubblicazione non sono sempre soggette alla normativa dell'Unione europea, una protezione efficace e completa dei titolari dei dati non è possibile se questi devono ottenere prima o in parallelo la cancellazione delle informazioni su di loro dagli altri siti web".

Inoltre, secondo la Corte, i diritti individuali prevalgono non solo sull'interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull'interesse del pubblico ad avere accesso a tali informazioni tramite una ricerca che ha come oggetto il nome della persona interessata. Allo stesso tempo però la Corte ha riconosciuto che ci possono essere delle eccezioni a questa regola generale.

Mentre l'Avvocato Generale ha minimizzato il ruolo dei motori di ricerca, sostenendo che si tratti solo di un ruolo passivo, la Corte ha sottolineato il fatto che i motori di ricerca hanno un ruolo strategico nella diffusione globale dei dati, rendendoli accessibile agli utenti di Internet che altrimenti non sarebbero in grado di trovarli. Grazie ai motori di ricerca gli utenti possono ottenere una "panoramica strutturata " delle informazioni relative ad una persona e definirne il profilo. "L'attività di un motore di ricerca è (...) tale da pregiudicare in modo significativo, ancora più di quella degli editor di siti web, il diritto fondamentale alla vita privata e alla protezione dei dati personali". Secondo la Corte non solo l'attività dei motori di ricerca costituisce una autonoma elaborazione di dati personali, ma i gestori dei motori di ricerca archiviano e gestiscono anche i dati personali, e hanno quindi tutti gli obblighi da ciò derivano.

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